Brano: r
Casa del popolo
La persecuzione fascista
Le Case del popolo furono uno dei principali obiettivi delle bande armate fasciste. Dalla fine del 1920 all’ottobre 1922 gli assalti, gli incendi, le devastazioni di queste sedi si contarono a centinaia. Dopo la marcia su Roma le Case del popolo furono praticamente confiscate dal regime fascista.
Il 24.1.1924 Vittorio Emanuele III firmò un decreto — che non fu neppure discusso in Parlamento — in base al quale tutte le associazioni, di qualsiasi natura, sorte e mante* nute con il contributo dei lavoratori venivano sottoposte alla sorveglianza dei prefetti. Con questo provvedimento i prefetti furono autorizzati ad annullare le decisioni degli organismi dirigenti delle Case del popolo, a scioglierne i comitati direttivi, ad affidare l’amministrazione dei beni a una gestione commissariale. Dopo un anno di tale gestione, il prefetto avrebbe potuto liquidare la proprietà dell’associazione o usarne a sua discrezione « per attuare i fini economici e morali che la disciolta associazione si proponeva ». Con questo sistema tutto il patrimonio delle Case del popolo passò rapidamente in proprietà alle organizzazioni fasciste, beninteso senza il minimo risarcimento per tutti coloro che con notevoli sacrifici le avevano costruite e ne erano i soli legittimi proprietari. A titolo di esempio (una rilevazione a carattere nazionale non è mai stata fatta), nella sola provincia di Ferrara, dove prima dell’avvento del fascismo esistevano 65 Case del popolo, dopo la marcia su Roma 30 di esse vennero espropriate e cedute alla Confederazione fascista dell’agricoltura; 4 sedi furono distrutte o rese comunque inservibili dagli assalti delle squadre fasciste; 8 furono cedute direttamente al Partito fascista o a singoli gerarchi; le rimanenti 23 passarono nel patrimonio di società cooperative dirette dai fascisti.
Dopo la Liberazione i lavoratori ripresero legittimamente possesso delle vecchie Case del popolo, insediandovi le proprie organizzazioni politiche e sindacali. In qualche caso l’occupazione delle sedi venne anche formalmente regolarizzata attraverso nuovi contratti, ma in generale non si provvide a ciò, ritenendo unanimemente pacifico il diritto dei lavoratori di ritornare in possesso di quanto era stato loro usurpato con la violenza dal fascismo. Ma il 20.2.1954 (nel quadro di generale persecuzione del movimento democratico in quegli anni)
il governo Sceiba dispose che fosse intimato Io sfratto a tutte le associazioni popolari che si erano installate nelle vecchie Case del popolo e n[...]
[...]golarizzata attraverso nuovi contratti, ma in generale non si provvide a ciò, ritenendo unanimemente pacifico il diritto dei lavoratori di ritornare in possesso di quanto era stato loro usurpato con la violenza dal fascismo. Ma il 20.2.1954 (nel quadro di generale persecuzione del movimento democratico in quegli anni)
il governo Sceiba dispose che fosse intimato Io sfratto a tutte le associazioni popolari che si erano installate nelle vecchie Case del popolo e nelle sedi ex fasciste. Le organizzazioni popolari poterono ottenere soltanto qualche proroga, ma alla fine del 1955 la forza dell’autorità statale le sloggiò definitivamente.
L’odioso provvedimento, che mirava a indebolire il movimento popolare privandolo di quei fondamentali strumenti organizzativi, ottenne quasi dovunque il risultato opposto di spingere i lavoratori a costruire nuove Case del popolo, più attrezzate e più grandi delle precedenti. Il movimento assunse un enorme sviluppo, specialmente in Emilia, in Toscana e in Umbria. Alla fine del 1958, una statistica non completa registrava l’esistenza di oltre mille Case del popolo soltanto nelle province di Bologna, Ferrara, Parma, Forlì, Modena, Ravenna, Firenze, Livorno, Lucca, Pistoia, Siena, Massa Carrara, La Spezia e Perugia.
C.Gh.
Casalecchio
Comune di circa 15.000 abitanti in provincia di Bologna. L’8.10.1944, all’alba, nella frazione di Rasiglio, due unità tedesche della Divisione S.S. « Nebel » circondarono gli uomini della 63a Brigata Garibaldi. Dopo aspro e impari combattimento i partigiani riuscirono a rompere l’accerchiamento ma 20 di essi, fatti prigionieri, il 10 ottobre furono trasportati dai tedeschi a Casalecchio per esservi fucilati.
Giun[...]