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Il segmento testuale Case del popolo è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti.
Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 88Entità Multimediali , di cui in selezione 28 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali)


da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 472

Brano: r

Casa del popolo

La persecuzione fascista

Le Case del popolo furono uno dei principali obiettivi delle bande armate fasciste. Dalla fine del 1920 all’ottobre 1922 gli assalti, gli incendi, le devastazioni di queste sedi si contarono a centinaia. Dopo la marcia su Roma le Case del popolo furono praticamente confiscate dal regime fascista.

Il 24.1.1924 Vittorio Emanuele III firmò un decreto — che non fu neppure discusso in Parlamento — in base al quale tutte le associazioni, di qualsiasi natura, sorte e mante* nute con il contributo dei lavoratori venivano sottoposte alla sorveglianza dei prefetti. Con questo provvedimento i prefetti furono autorizzati ad annullare le decisioni degli organismi dirigenti delle Case del popolo, a scioglierne i comitati direttivi, ad affidare l’amministrazione dei beni a una gestione commissariale. Dopo un anno di tale gestione, il prefetto avrebbe potuto liquidare la proprietà dell’associazione o usarne a sua discrezione « per attuare i fini economici e morali che la disciolta associazione si proponeva ». Con questo sistema tutto il patrimonio delle Case del popolo passò rapidamente in proprietà alle organizzazioni fasciste, beninteso senza il minimo risarcimento per tutti coloro che con notevoli sacrifici le avevano costruite e ne erano i soli legittimi proprietari. A titolo di esempio (una rilevazione a carattere nazionale non è mai stata fatta), nella sola provincia di Ferrara, dove prima dell’avvento del fascismo esistevano 65 Case del popolo, dopo la marcia su Roma 30 di esse vennero espropriate e cedute alla Confederazione fascista dell’agricoltura; 4 sedi furono distrutte o rese comunque inservibili dagli assalti delle squadre fasciste; 8 furono cedute direttamente al Partito fascista o a singoli gerarchi; le rimanenti 23 passarono nel patrimonio di società cooperative dirette dai fascisti.

Dopo la Liberazione i lavoratori ripresero legittimamente possesso delle vecchie Case del popolo, insediandovi le proprie organizzazioni politiche e sindacali. In qualche caso l’occupazione delle sedi venne anche formalmente regolarizzata attraverso nuovi contratti, ma in generale non si provvide a ciò, ritenendo unanimemente pacifico il diritto dei lavoratori di ritornare in possesso di quanto era stato loro usurpato con la violenza dal fascismo. Ma il 20.2.1954 (nel quadro di generale persecuzione del movimento democratico in quegli anni)

il governo Sceiba dispose che fosse intimato Io sfratto a tutte le associazioni popolari che si erano installate nelle vecchie Case del popolo e n[...]

[...]golarizzata attraverso nuovi contratti, ma in generale non si provvide a ciò, ritenendo unanimemente pacifico il diritto dei lavoratori di ritornare in possesso di quanto era stato loro usurpato con la violenza dal fascismo. Ma il 20.2.1954 (nel quadro di generale persecuzione del movimento democratico in quegli anni)

il governo Sceiba dispose che fosse intimato Io sfratto a tutte le associazioni popolari che si erano installate nelle vecchie Case del popolo e nelle sedi ex fasciste. Le organizzazioni popolari poterono ottenere soltanto qualche proroga, ma alla fine del 1955 la forza dell’autorità statale le sloggiò definitivamente.

L’odioso provvedimento, che mirava a indebolire il movimento popolare privandolo di quei fondamentali strumenti organizzativi, ottenne quasi dovunque il risultato opposto di spingere i lavoratori a costruire nuove Case del popolo, più attrezzate e più grandi delle precedenti. Il movimento assunse un enorme sviluppo, specialmente in Emilia, in Toscana e in Umbria. Alla fine del 1958, una statistica non completa registrava l’esistenza di oltre mille Case del popolo soltanto nelle province di Bologna, Ferrara, Parma, Forlì, Modena, Ravenna, Firenze, Livorno, Lucca, Pistoia, Siena, Massa Carrara, La Spezia e Perugia.

C.Gh.

Casalecchio

Comune di circa 15.000 abitanti in provincia di Bologna. L’8.10.1944, all’alba, nella frazione di Rasiglio, due unità tedesche della Divisione S.S. « Nebel » circondarono gli uomini della 63a Brigata Garibaldi. Dopo aspro e impari combattimento i partigiani riuscirono a rompere l’accerchiamento ma 20 di essi, fatti prigionieri, il 10 ottobre furono trasportati dai tedeschi a Casalecchio per esservi fucilati.

Giun[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 471

Brano: [...]fu condannato dal Tribunale speciale a 8 anni di reclusione.

Dopo I'8.9.1943 ha preso parte alla Guerra di liberazione nazionale come partigiano combattente.

Casa del popolo

Edificio nel quale generalmente risiedono organizzazioni e associazioni operaie e popolari di vario tipo: partiti politici (generalmente di sinistra), enti sindacali e cooperativistici, associazioni giovanili e femminili, istituzioni culturali e ricreative. Le prime Case del popolo furono costruite verso la fine del secolo scorso con l'intento di riunire nella stessa sede, con criteri di economia e di razionalità, vari organismi politicosociali. A favorirne la diffusione concorse l’ostilità dei proprietari di immobili, frequentemente restii a concedere i propri locali in affitto alle associazioni proletarie.

Nel periodo giolittiano la costruzione delle Case del popolo ebbe un grande impulso, determinato dallo sviluppo generale del movimento operaio (soprattutto socialista) e come conseguenza delle conquistate libertà di riunione e di associazione. Esse si diffusero soprattutto nell’Italia centrosettentrionale, dove il tenore di vita era relativamente più elevato e i lavoratori associati potevano con minori difficoltà concorrere al loro finanziamento. Le prime Case del popolo sorsero nelle sedi appartenenti a società cooperative, a cui venivano corrisposti simbolici canoni di affitto, ma con lo sviluppo delle organizzazioni proletarie esse poterono essere edificate direttamente con i mezzi dei loro iscritti. Generalmente, per coprire le spese vive del terreno e dei materiali venivano emesse cartelle di sottoscrizione, mentre la mano d’opera necessaria era fornita gratuitamente dagli iscritti approfittando delle ore libere e dei giorni festivi. Non possedendo i partiti e le associazioni come tali la veste giuridica necessaria al possesso dei beni, l’intestazione de[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 320

Brano: [...]ista bolognese: il 26 gennaio fu la volta della Società operaia e della Federterra. La risposta popolare fu lo sciopero generale. Le autorità governative osservavano in silenzio, lasciando liberi i fascisti dì continuare impunemente le loro violenze. La Camera del lavoro fu occupata dalla truppa, vennero proibiti gli assembramenti per tutti, tranne che per i fascisti.

In tutta la provincia si moltiplicarono gli assalti e le devastazioni delle Case del popolo, delle Cooperative, delle Camere del lavoro (a Casalecchio, Castel San Pietro, Crevalcore, Pianoro, Santa Maria in Duno, Bazzano, San Lazzaro, Medicina, Altedo, Sasso Morelli e* in molte altre località). Gli agrari non riconobbero i patti già stipulati e sfrattarono i mezzadri dai fondi. Vi furono oltre 2.000 disdette. Le leghe e i sindacati democratici cominciarono a sgretolarsi di fronte al massiccio attacco dei fascisti appoggiati dalla forza pubblica. Nel primo semestre del 1921 gli squadristi distrussero, a Bologna e in provincia, un giornale, 6 Case del popolo, 7 Camere del lavoro, 9 co[...]

[...]aria in Duno, Bazzano, San Lazzaro, Medicina, Altedo, Sasso Morelli e* in molte altre località). Gli agrari non riconobbero i patti già stipulati e sfrattarono i mezzadri dai fondi. Vi furono oltre 2.000 disdette. Le leghe e i sindacati democratici cominciarono a sgretolarsi di fronte al massiccio attacco dei fascisti appoggiati dalla forza pubblica. Nel primo semestre del 1921 gli squadristi distrussero, a Bologna e in provincia, un giornale, 6 Case del popolo, 7 Camere del lavoro, 9 cooperative, 5 leghe contadine, 5 sezioni e circoli socialisti, 2 circoli operai. Le elezioni politiche del 15. 5.1921 su scala nazionale diedero globalmente alle liste del Partito comunista e del Partito socialista (c’era stata nel frattempo la scissione di Livorno) più suffragi di quelli che nel 1919 erano andati al solo P.S.I. (1.936.154 contro 1.834 mila 892), ma in Emilia si registrò un crollo dei voti socialisti, che in provincia di Bologna scesero dal 68,6 al 47,2 per cento, mentre i comunisti ottennero il 10,5 per cento.

I popolari scesero dal 18 al 14,2 per[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol III (H-M), p. 422

Brano: [...]l 15.12.1920, durante un comizio tenuto in Piazza San Michele a Lucca dal socialista Ventavoli per protestare contro l’aumento del prezzo del pane, i fascisti aggredirono i lavoratori. L’intervento della Guardia regia provocò la morte di un passante, Valente Vellutini.

Il 31.3.1921 fu incendiata la Camera del lavoro provinciale e, da quel momento, fu un susseguirsi di spedizioni punitive e di assalti a sezioni socialiste, circoli di cultura e Case del popolo. Le violenze continuarono anche dopo la presa fascista del potere tanto che nel gennaio 1925 furono devastate la Loggia massonica di via dell’Angelo Custode, la Fratellanza artigia

na in Corte Sbarca e la redazione lucchese de II Nuovo giornale.

Negli anni della dittatura fascista molti lavoratori, specialmente delle classi più giovani, scelsero la via dell’emigrazione. La resistenza contro il fascismo rimase affidata a pochi gruppi clandestini di scarsa consistenza e fu, sino al 25.7.1943, assai limitata. Durante il ventennio la provincia di Lucca ebbe un condannato a morte dal Tribuna[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 487

Brano: [...]se l’offensiva fascista, non era preparato a un confronto così violento e non resse all’urto. Le squadre fasciste erano bene armate, disponevano di camion che le portavano da una località all'altra in brevissimo tempo e, soprattutto, avevano il consenso tacito ma talvolta anche I’ aiuto diretto della forza pubblica. Nel giro di poche settimane, tutta la rete delle organizzazioni proletarie fu liquidata: vennero distrutte in provincia di Pavia 21 Case del popolo, 7 Camere del lavoro, 9 cooperative, 25 sedi di leghe contadine, 4 società di mutuo soccorso, 8 sezioni socialiste, 4 biblioteche popolari, 2 circoli ricreativi. Un patrimonio immenso, costato anni di duri sacrifici, fu così disperso in poche settimane.

487



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 555

Brano: [...]acenza per celebrare l’ottavo anniversario dell’entrata in guerra (25.5.23)

scista La Scure, che iniziò le pubblicazioni il 26.2.1921, e organizzò squadre armate che, collegatesi con gli squadristi cremonesi, pavesi e parmensi, effettuarono spedizioni punitive nelle campagne e in città.

A metà del 1922 il bilancio delle violenze squadriste era già pesantissimo: 19 morti, centinaia di feriti, almeno 25 cooperative distrutte o de» vastate, 4 Case del popolo incendiate, 3 Sezioni socialiste invase, decine di leghe sciolte, la sede di Bandiera rossa (organo della Federazione provinciale socialista dal 1919) distrutta due volte. Lo stesso sindaco Tansini fu aggredito. A questo si aggiungano le 21 Amministrazioni comunali socialiste costrette a dimettersi, le decine di quadri locali e di amministratori popolari costretti all’abbandono del posto, spesso all'esilio. Le nuove giunte moderate o reazionarie, prontamente subentrate a quelle socialiste, si affrettarono a votare provvedimenti fiscali a favore dei proprietari.

Il fascismo piacentino, che [...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 751

Brano: [...]to e disorientato, divenne quindi facile.

Fascismo

La prima azione squadrista a Prato si ebbe il 17.4.1921; divisi in pattuglie armate, avevano perlustrato la città e invaso il municipio, esponendo il tricolore e asportando via le carte. Le case dei socialisti, e dei comunisti furono prese di mira, perquisite e devastate.

Da quel momento ebbe inizio il sistematico smantellamento di tutte le sedi operaie (cooperative, circoli ricreativi, Case del popolo, sindacati, sedi di giornali e di partiti), sia in città che nelle campagne circostanti. Nel pomeriggio dello stesso 17 aprile, 15 camion di fascisti, seguiti da un camion di carabinieri, partirono per la valle del Bisenzio, in una spedizione punitiva che provocò due morti e molte distruzioni. Quella sera, il tenente fascista Tamburini tenne in piazza del Duomo a Prato unT« adunata », nel corso della quale parlò anche il professore Tito Cesare Canovai dell’Associazione Combattenti.

Il comune conobbe poi fin nei suoi angoli più remoti il terrore fascista. A decine vennero aggrediti e mangan[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 39

Brano: [...] della dura repressione politica e culturale legata a quella dominazione costituiva la radice diffusa che collegava l’idea di libertà a quella di eliminare la stessa presenza della Chiesa, identificata nelle vicende sanguinose dello Stato coercitivo e illiberale. Matrimoni e funerali civili caratterizzavano il costume di vita repubblicano e socialista, ma molto diffuso nelle campagne fu anche

il “battesimo civile”, fatto nelle osterie o nelle Case del popolo con un bicchiere di vino rosso versato sul capo del neonato. In quella atmosfera esplose nel Ravennate la Settimana rossa, a seguito del conflitto di Ancona del 7.6.1914.

Le prime agitazioni furono segnalate alle 22 del 9 giugno: furono tagliati i fili telegrafici nel Cervese e fu invasa una chiesa alle Alfonsine (allo scopo di convocare un comizio al suono delle campane). A mezzanotte fu occupata la stazione di Castel Bolognese (lungo la linea ferroviaria RiminiBologna) e a malapena le forze dell’ordine respinsero una identica azione tentata a Faenza. Non erano che i primi sintomi della r[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 182

Brano: Rimini

le aggressioni delle squadre fasciste a Case del popolo, sedi dei sindacati e singoli antifascisti. Il movimento operaio riminese e le sue organizzazioni non riuscirono né a rispondere all'attacco né a difendersi. Il P.S.I. cedette sotto i colpi dell’avversario.

Fu in questa fase calda che lo sparuto e per molti versi isolato gruppo che aveva costituito il Partito comunista emerse come protagonista e organizzatore delle forze popolari antifasciste. Fu con i militanti del P.C. d’I., organizzatisi anche in squadre di combattimento, che i fascisti più volte si scontrarono, in quei mesi si era anche costituito un gruppo di Arditi del popolo (v.) co[...]



da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 345

Brano: [...]e altro non era se non una trasposizione locale del Partito nazionale fascista italiano. Questo partito divenne lo strumento per la restaurazione delle vecchie caste locali che cercarono di risolvere le vecchie e nuove contraddizioni economiche, sociali e politiche con l’introduzione di leggi liberticide e repressive; esse si avvalsero del sostegno del

lo squadrismo italiano che imperversò contro esponenti politici e istituzioni democratiche: Case del popolo e Camere del lavoro furono incendiate, dirigenti politici comunisti e socialisti bastonati ed espulsi dalla repubblica.

Il P.P. (che non era riuscito a « definire con chiarezza » la natura del fascismo) trovò alla testa del P.N. un suo ex dirigente (Manlio Gozzi), ma ciò non lo salvò dall’assalto degli squadristi. Nella Repubblica del Titano il fascismo mirava però a coinvolgere il P.P. nell’azione repressiva: sciolto il Consiglio gran

F Ardito Rosso

345


successivi
Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Case del popolo, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili.
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